Al tempo in cui infieriva contro i
Cristiani la crudele persecuzione degli imperatori Diocleziano e Massimiano,
che fece entrare in Cielo copiose turbe di Martiri, Proto e Gianario, nati a Torres in Sardegna, andarono
a Roma e ivi furono ordinati il primo Sacerdote e il secondo Diacono dal
santissimo Pontefice Caio. Volendo ardentemente procurare qualche grazia
spirituale per la salvezza ai loro concittadini, tornati in Sardegna, iniziarono
a predicare assiduamente in Torres la fede di Cristo con la parola e l’esempio;
e, tanto felice fu il risultato che, per l’influsso della divina grazia, di
giorno in giorno innumerevoli Pagani si convertivano
al culto del vero Dio. Riferito che fu al preside Barbaro, per suo comando
furono arrestati e tratti al suo tribunale: tentati sia con minaccia sia con
blandizie a desistere dal proposito, sempre resistettero fortemente e
illustrarono con una gloriosa confessione la fede che avevano predicato con
animo apostolico.
Pertanto Proto, presbitero, fu quindi
deportato, per ordine del Preside, nell’isola di Ercole chiamata oggi Asinara,
dove, privo di cibo e di acqua e di ogni aiuto umano, sofferse molte pene. Ma,
nutrito da quel Dio che dà da mangiare agli affamati, giorno e notte intento
nelle lodi divine, supplicava con assidue preghiere Dio per l’incremento della
Chiesa e la dilatazione della fede. Nel frattempo Gianuario veniva tentato con
doni e blandizie, per fargli rinunziare alla fede, ma egli, come Proto, si
mantenne immobile nella sua confessione della fede. Per cui il Preside,
richiamato dall’esilio Proto, comanda che entrambi siano sospesi sull’eculeo e
lacerati con uncini di ferro. I Martiri, confortati da Dio, strenuamente e con
animo invitto sopportarono queste torture. Vedendo dunque Barbaro che nulla ne
ricavava, li consegnò in catene perché fossero custoditi al soldati Romano
Gavino, che, come si tramanda apparteneva a gloriosissima famiglia (la famiglia romana dei Sabelli o Savelli).
Gavino, udendoli cantar gioiosamente salmi
lungo il cammino, li interrogò su quella fede per la quale tanti volentieri
sopportavano tutti quei tormenti. Edotto da quelli, credette in Cristo e fu
lavato dalle acque della salvezza: quindi li liberò, dicendo che erano
innocenti e detenuti senza alcun motivo. Risaputasi questo dal tiranno, tentò
con discorsi e lusinghe di richiamare Gavino al culto degli idoli. Questi, perseverando
costantissimamente nella Religione che aveva abbracciato, ebbe tronco il capo nel porto di Balai e
migrò al Signore l’ottavo giorno dalle Calende di Novembre (25 ottobre). Quindi, apparendo fulgido a
Proto e Gianurio, nascosti in una caverna sotterranea, li invita alla corona di
gloria. Quelli subito tornati in città e arrestati dalle guardie, nel medesimo
luogo di Gavino, furono coronati del martirio. I loro corpi furono dal tiranno
fatti gettare nel mare; quando più tardi furono ritrovati sulla riva dagli
abitanti Cristiani, furono collocati in una magnifica chiesa in loro onore
innalzati, ove sono tenuti in molta venerazione da tutta la Sardegna e
principalmente dalla Provincia Turritana, che in loro onore chiama il mese di
Ottobre “San Gavino” (Sant’Aini).
(Lezioni IV, V e VI del Mattutino dei Ss. Gavino, Proto e Gianuario)