giovedì 25 ottobre 2018

Passione dei santi Gavino, Proto e Gianuario



Al tempo in cui infieriva contro i Cristiani la crudele persecuzione degli imperatori Diocleziano e Massimiano, che fece entrare in Cielo copiose turbe di Martiri,  Proto e  Gianario, nati a Torres in Sardegna, andarono a Roma e ivi furono ordinati il primo Sacerdote e il secondo Diacono dal santissimo Pontefice Caio. Volendo ardentemente procurare qualche grazia spirituale per la salvezza ai loro concittadini, tornati in Sardegna, iniziarono a predicare assiduamente in Torres la fede di Cristo con la parola e l’esempio; e, tanto felice fu il risultato che, per l’influsso della divina grazia, di giorno in giorno innumerevoli Pagani  si convertivano al culto del vero Dio. Riferito che fu al preside Barbaro, per suo comando furono arrestati e tratti al suo tribunale: tentati sia con minaccia sia con blandizie a desistere dal proposito, sempre resistettero fortemente e illustrarono con una gloriosa confessione la fede che avevano predicato con animo apostolico.



Pertanto Proto, presbitero, fu quindi deportato, per ordine del Preside, nell’isola di Ercole chiamata oggi Asinara, dove, privo di cibo e di acqua e di ogni aiuto umano, sofferse molte pene. Ma, nutrito da quel Dio che dà da mangiare agli affamati, giorno e notte intento nelle lodi divine, supplicava con assidue preghiere Dio per l’incremento della Chiesa e la dilatazione della fede. Nel frattempo Gianuario veniva tentato con doni e blandizie, per fargli rinunziare alla fede, ma egli, come Proto, si mantenne immobile nella sua confessione della fede. Per cui il Preside, richiamato dall’esilio Proto, comanda che entrambi siano sospesi sull’eculeo e lacerati con uncini di ferro. I Martiri, confortati da Dio, strenuamente e con animo invitto sopportarono queste torture. Vedendo dunque Barbaro che nulla ne ricavava, li consegnò in catene perché fossero custoditi al soldati Romano Gavino, che, come si tramanda apparteneva a gloriosissima famiglia (la famiglia romana dei Sabelli o Savelli).


Gavino, udendoli cantar gioiosamente salmi lungo il cammino, li interrogò su quella fede per la quale tanti volentieri sopportavano tutti quei tormenti. Edotto da quelli, credette in Cristo e fu lavato dalle acque della salvezza: quindi li liberò, dicendo che erano innocenti e detenuti senza alcun motivo. Risaputasi questo dal tiranno, tentò con discorsi e lusinghe di richiamare Gavino al culto degli idoli. Questi, perseverando costantissimamente nella Religione che aveva abbracciato,  ebbe tronco il capo nel porto di Balai e migrò al Signore l’ottavo giorno dalle Calende di Novembre (25 ottobre). Quindi, apparendo fulgido a Proto e Gianurio, nascosti in una caverna sotterranea, li invita alla corona di gloria. Quelli subito tornati in città e arrestati dalle guardie, nel medesimo luogo di Gavino, furono coronati del martirio. I loro corpi furono dal tiranno fatti gettare nel mare; quando più tardi furono ritrovati sulla riva dagli abitanti Cristiani, furono collocati in una magnifica chiesa in loro onore innalzati, ove sono tenuti in molta venerazione da tutta la Sardegna e principalmente dalla Provincia Turritana, che in loro onore chiama il mese di Ottobre “San Gavino” (Sant’Aini).

(Lezioni IV, V e VI del Mattutino dei Ss. Gavino, Proto e Gianuario)